Non si è mai troppo stanchi per entrare in una leggenda. Anche se si è volato tutta la notte per arrivare da Milano a Delhi, e poi la mattina su un’India verde e misteriosa, per arrivare da Delhi a Mumbai. Non si è mai troppo stanchi per pronunciare il nome di un palazzo che è un viaggio esso stesso, per passare sotto un metal detector che ricorda che c’è un prima e dopo, nella vita di tutti e di ogni cosa.
Il Taj Mahal Palace di Mumbai è il sogno dei marahaja, la cupola da cartolina, lo squarcio del terrorismo e la trama fitta di persone e fatti che si sono succeduti in quei corridoi e ne hanno impregnato mura, bar e suite. Costruito da Jamsetji Tata alla fine del 1800, inaugurato nel 1903, è da allora il simbolo della città (e della nazione) e ogni personalità che ha visitato l’India nel corso del secolo scorso, si è fermata lì (modestamente, anche io). Le foto nel corridoio che uniscono il palazzo originario alla torre costruita nel 1973, mostrano solo alcuni degli ospiti famosi: John Lennon e Yoko Ono scalzi, un’elegante Gina Lollobrigida, ma poi ci sono le suite che hanno ospitato i ricchi e famosi a raccontare anche senza parlare: i marmi intarsiati d’oro del bagno della suite di Angelina Jolie e Brad Pitt con il dondolo nel soggiorno, i due piani e la magnificenza di quella scelta da Oprah Winfrey e la suite del maestro Pandit Ravi Shankar da cui George Harrison ha imparato a suonare il sitar. Ogni angolo sussurra leggende, quotidiane o straordinarie.
La mia leggenda personale si è consumata affacciandosi alla finestra e scorgendo il mar d’Arabia affollato di barche e poi la maestosità decadente del palazzo di fronte, una costruzione circondata di vegetazione dove qualcuno ha giurato di aver visto pappagalli colorati.
Dopo un aperitivo all’Harbour bar (vanta la prima licenza per alcolici dell’India, datata 1933) siamo saliti al ristorante libanese Souk. Un clima internazionale, una cena prelibata, uno scambio di sincerità (“Quasi ogni cosa che tocchi o vedi in India è Tata”, dal cognome del fondatore del Taj e di una multinazionale con diramazioni in ogni campo, dalle auto alla tecnologia), una coppa di champagne (ok, più d’una), una scappata (degli altri) al Leopold (una famosissima birreria proprio vicina all’albergo), una passeggiata nei corridoi sulle scarpe glitter di Miu Miu, un ultimo sguardo alle barche dalla finestra e una notte leggera, volata come un soffio.
Chissà se era un soffio di Tata.
Hotel Taj Mahal Palace, Apollo Bunder, Mumbai www.tajhotels.com
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